Alternative alla plastica tradizionale
Il presente è il terzo articolo di una serie di tre…vedi i primi due ai seguenti link nel blog di Bivo:
https://www.completefood.it/packaging-sostenibile/
https://www.completefood.it/si-fa-presto-a-dire-plastica/
Ci sono delle alternative alla plastica tradizionale?
Alcuni spingono sulla diffusione delle bioplastiche. Cosa sono le bioplastiche? Secondo Assobioplastiche sono quei materiali, sia da fonti rinnovabile sia da fonte fossile, che hanno la caratteristica di essere biodegradabili e compostabili. Un materiale siffatto, per essere commercializzato come “biodegradabile e compostabile”, deve risultare biodegradabile almeno al 90% in massimo 6 mesi; si deve quindi convertire in anidride carbonica, acqua e biomassa.
Esistono anche le bioplastiche a base biologica non biodegradabili: ad esempio la PlantBottle della Coca-Cola, in PET 100% da materia prima riciclabile: è una bottiglia non biodegradabile, solo che proviene dagli scarti di lavorazione della canna da zucchero e non dal petrolio.
A rendere un materiale biodegradabile non è tanto la materia prima di cui è fatto ma la sua struttura chimica.
Poi ci sono le bioplastiche a base biologica e biodegradabili, come le bottiglie fatte con acido polilattico (PLA), un poliestere creato da monomeri naturali (acido lattico estratto da patate, tapioca, grano, ecc.) che può sostituire il PP, i PET e il PS.
Per una completa degradazione richiede un impianto di compostaggio industriale: queste bioplastiche biodegradabili e compostabili vanno nell’umido.
Infine ci sono bioplastiche biodegradabili ed edibili, di solito create con estratti di alghe marine (vedere interessante filmato sul sito della startup inglese di packaging sostenibili Notpla).
In attesa di una diffusione globale delle plastiche di quest’ultimo tipo potremmo però fare come in altri paesi dove applicano il sistema DRS (deposito-refund system). Non è nient’altro che il concetto di reso con cauzione: il cittadino che acquista una bottiglia in plastica paga un sovrapprezzo che gli viene rimborsato quando riporta il vuoto, conferibile anche su raccoglitori automatici.
Tornando al tema degli imballaggi il consiglio è di cercare di comprare solo il contenuto dell’imballaggio, e non il suo contenitore.
Come farlo? Non sempre è possibile, ma alcuni suggerimenti sono:
- – rasoio elettrico o comunque non usa e getta,
- – farsi l’acqua frizzante in casa col dosatore di CO2 invece delle bottiglie di plastica
- – detersivi sfusi riempiendo i nostri contenitori
- – usare quando possibile la filiera corta al posto della GDO (grande distribuzione organizzata): comprare la verdura al mercato dal produttore locale o direttamente dal contadino certamente ci evita il packaging di plastica
- privilegiare altri sistemi di imballo del cibo, come il vetro (passata di pomodoro, legumi, sottolio, succhi di frutta, yogurt, ecc.), la carta e il cartoncino (pane, frutta, verdura, zucchero, sale, pasta, riso, cereali, biscotti, uova, ecc.) la banda stagnata e l’alluminio (olio, conserve di legumi, carne, pesce, caffè, ecc.).
Noi di Bivo siamo una piccola startup e per ridurre il consumo di plastica stiamo attivando una linea di multiporzione in cui il contenitore (un secchiello in PP, quindi riciclabile a fine vita) contiene ben 25 porzioni del nostro prodotto. Con partner esterni stiamo lavorando ad ulteriori soluzioni di packaging alternativo perchè crediamo veramente che il cibo, ed il confezionamento che per questioni igieniche necessariamente lo contiene, abbia bisogno di un approccio rivoluzionario che non si limiti alla qualità del cibo stesso ma renda il binomio contenuto/contenitore ambientalmente sostenibile lungo tutta la filiera produttiva e distributiva.
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Fonti:
– Plastica addio (di Elisa Nicoli e Chiara Spadaro edito da Altraeconomia)
– AA.VV F**K Plastic: 101 ways to free yourself from plastic and save the world (Orion Publishing Co)
– A plastic Ocean (plasticoceans.org)
– Notpla (https://www.notpla.com/)