Quando l’impossibile diventa realtà: Ambrogio Fogar
Di Kyt Lyn Walken
[Istruttore e Rappresentante Ufficiale della Hull’s Tracking School, Ranger della Conservazione certificato da Conservation Rangers Operations Worldwide, Columnist per testate americane e inglesi]
Ambrofogar Minor Planet 25301 è il nome di un asteroide scoperto il 7 Dicembre del 1998 dagli astronomi Maura Tombelli e Andrea Boattini.
Apparentemente, il riferimento (Ambrofogar) al personaggio del nostro articolo sembra nebuloso. Perchè dedicare un asteroide a qualcuno? Forse si è trattato di captatio benevolentiae?
Tutt’altro. Ambrofogar Minor Planet 25301 è un modo per omaggiare, ricordandolo, un uomo che ha cercato di essere grande, ma con gentilezza e rispetto nei confronti del Pianeta che tanto amava.
Il passato è, ahimè, d’obbligo. Ambrogio Fogar si è infatti spento a Milano il 24 Agosto 2005, completamente paralizzato. L’ombra dell’uomo che era.
Un incidente in auto nel Turkmenistan lo aveva rodotto in tale stato nel 1992.
Lasciatemi dire che questa vicenda mi tocca da vicino: negli anni Ottanta mio padre, infatti, era un grande appassionato di atletica leggera e correva tutte le maratone possibili. Il suo allenamento si svolgeva regolarmente al Centro Sportivo Giuriati, in zona Città Studi a Milano. Con Fogar mio papà condivideva chiaccherate, impressioni, sessioni di training. Me lo ricordo bene quell’uomo gentile con folti baffi e gli occhi sempre sorridenti. E voglio ricordarmelo ancora così, perchè se, una decina di anni dopo, quel tremendo incidente lo aveva cristallizzato in un’unica, eterna posizione, non aveva potuto tuttavia domare quegli occhi.
A modo suo, Ambrogio Fogar è stato un conquistatore. Chi è figlio degli anni Ottanta si ricorderà del suo programma televisivo Jonathan-Dimensione Avventura, in onda su Canale 5 dal 1984 e poi su Italia 1 fino al 1991. Era uno che ci sapeva fare, Fogar. Sapeva coinvolgere senza risultare noioso, e sapeva ammaliare senza suscitare invidia, ma solo desiderio di conoscere più a fondo la Natura, di sentirsi parte dei suoi viaggi e delle sue imprese.
Come avrebbero detto i Latini, quante Res gestae hanno costellato la sua vita. Scalate sulle Alpi, Voli acrobatici, svariate regate sul Mediterraneo, una translatalantica in solitaria. E ancora: circumnavigazione del globo in completa solitaria, mesi trascorsi in Alaska, Groenlandia, Himalaya per poter successivamente conquistare a piedi il Polo Nord in compagnia del fido Siberian Husky Armaduk.
Un vita fatta di obiettivi, tappe, sogni che si realizzano grazie alla tenacia, al training intensivo, e anche a quella capacità di non soccombere di fronte alle sciagure. Siccome questa rubrica è dedicata a mirabolanti (già, bisogna proprio ricorrere a questo termine) storie di sopravvivenza, è doveroso, nella ricostruzione della vita di questo grande esploratore italiano, delineare quello che accadde.
- Fogar, in compagnia dell’amico e giornalista di viaggio Mauro Mancini, si trova sulla sulla barca “Surprise” quando un branco di orche o balene, in prossimità delle Falkland, urta l’imbarcazione e la fa affondare. I due si ritrovano su una zattera di salvataggio autogonfiabile con quelle che non si possono certo definire delle vere e proprie scorte: zucchero e pancetta. Ma riescono a uccidere due cormorani e a raccogliere l’acqua piovana.
Questo per per 74 giorni, finchè un mercantile greco li avvista traendoli in salvo.
Hanno entrambi perso 40 kg ciascuno. Mancini non sopravvive e muore di lì a poco di polmonite.
Il diario di quella straziante vicenda è tutto racchiuso nel buon libro che Fogar scrisse l’anno successivo “La zattera“, (Rizzoli, 1978). Lungi da me consigliarvi un libro il cui intento è speculare su una disgrazia. Ma il libro in questione è davvero un onesto e toccante resoconto, capace di far riflettere, arrabbiare, indignare e commuovere insieme. Insomma, quello che solitamente un buon manoscritto riesce a fare, restituendo una immagine veritiera dei fatti e delle persone coinvolte.
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